12 settembre 2006

"The constant gardener"

E’ una spy story con i fiocchi, questa, tratta da un romanzo di John LeCarré e (purtroppo) attualissima e del tutto verosimile. Anzi, verrebbe quasi da dire che probabilmente è la realtà.
Un uomo saluta una donna che sta per salire su un aereo in compagnia di un uomo di colore. Subito dopo la scena cambia e una jeep rovesciata sulle sponde di un lago viene presa di mira da quello che sembra un piccolo gruppo di uomini armati. Questo è l’enigmatico inizio di un film dove i buoni sono una coppia di coniugi: lui è un diplomatico inglese di basso livello e lei una ragazza con idee ecologiste e pacifiste di origine italiana; mentre i cattivi sono le multinazionali farmaceutiche e tutti i loro agganci nei governi dei Paesi occidentali e africani.
Il film, sfruttando i ricordi dell’uomo davanti alla salma della moglie uccisa mentre era nella jeep con l’uomo di colore, fa un passo indietro, e ci mostra l’incarico da lui ricevuto di una missione in Africa per conto del suo Paese e dell’ONU di verificare la situazione dal punto di vista sanitario a Nairobi; lei che preme per venire con lui; scene di evidente desolazione, sporcizia e povertà nelle bidonville di Nairobi, con bambini che giocano in mezzo a tonnellate d’immondizia e file lunghissime di persone per sottoporsi al test dell’HIV. Ma ad un certo punto, la donna scopre che qualcosa non va come dovrebbe, e che ci sarebbe di mezzo lo zampino di una grande multinazionale che starebbe sperimentando nuovi medicinali con modalità del tutto illegali a spese della popolazione ignara e con la complicità del governo inglese.
Lo stile è molto, molto angosciante, con incessanti cambi di stile fotografico: tutto strutturato sulla base di continui salti temporali, apparentemente casuali e invece a formare un perfetto puzzle che si completa solamente nel parallelismo delle due scene finali in contemporanea, quella sulle sponde del lago in Africa e quella nella chiesa di Londra.
Bravissimi gli attori, la storia raccontata merita una riflessione: la realtà è questa. Come nel film, per certi versi simile, “Lord of war” (con Nicholas Cage), anche qui i colpevoli siamo noi: l’Africa sub-sahariana è solo il continente più sfortunato del mondo.
Voto 8 (****)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Certo che scrivi proprio bene (sarà che vivendo all'estero i giornali italiani non li leggo quasi mai). Hai mai pensato di scrivere un libro o qualcosa del genere? (non pubblicare 'sto commento se ti imbarazza!!!).
Paola

Kral Zab ha detto...

Ad avere il tempo...

Anonimo ha detto...

Sarebbe piaciuto molto anche a me, e ho anche dei brani pronti, solo che non ho nè il tempo, nè (per il momento) la voglia di continuare. Quando andrò in pensione ci penserò! :)

Kral Zab ha detto...

MMI-TTI-CCO!!!